* Festa di San Giuseppe in Sicilia



Tra le immagini devote del popolo siciliano, quella di San Giuseppe conserva una nutrita devozione per questa figura patriarcale,  e questo Santo  è considerato  “padre di provvidenza”.

La consuetudine vuole che i devoti onorino il Santo prodigandosi in opere di carità verso famiglie povere affinché non manchi mai il pane.

Nella giornata di San Giuseppe è tradizione invitare alla mensa tre bambini poveri, che rievocano la fuga di Gesù, Giuseppe e Maria dall’Egitto, ai quali viene servito il pranzo, tra canti e filastrocche dialettali.

Le vampe di San Giuseppe a Palermo

Gran fermento tra bambini e ragazzi che di casa in casa percorrevano le anguste vie del centro storico e i brulicanti quartieri popolari di Palermo.

Fermento nei giorni prima del 18 marzo; la tradizione vuole infatti che nel pomeriggio di quel giorno, con il rito delle “vampe”, si annunci la festa di S. Giuseppe.

Le vecchie facciate delle case vengono rischiarate a giorno da giganteschi falò e spesso le cataste assumono tali dimensioni e le fiamme diventano così alte che è necessario l’intervento dei vigili del fuoco; tanto è vero che ogni anno le autorità cittadine tentano invano di proibire l’usanza.

Disposti a cerchio intorno al fuoco i ragazzi girano intorno alle fiamme e, a fiamme quasi esaurite, saltano sulla brace, cantando e gridando un tonante “Viva San Giuseppe”. Altri, con un continuo via vai, cercheranno di alimentare ancora il fuoco per non farlo morire.

Al di là delle pur validissime interpretazioni antropologiche, la notte delle vampe è un momento di  grande aggregazione, che vede gli adulti impegnati a tenere lontano dal fuoco i più piccoli, mentre la grande folla si riunisce per guardare affascinata la propria roba che brucia.

Questo rito, a Palermo ,si attribuisce ad un’origine remotissima connessa al culto del sole; infatti il rito coincide con una data astronomica: l’equinozio di primavera.

Con il fuoco si vuole scacciare il freddo e la magra stagione, salutando l’arrivo della primavera e la imminente stagione dell’abbondanza.

Riscaldati e stanchi, nessuno rinuncia a gustare il dolce tradizionale palermitano, le “sfinci” di San Giuseppe, dolcissimi babà ripieni con crema di ricotta e gocce di pistacchio.


Ribera (Agrigento)

L’usanza è quella di raccogliere dei rami di alloro per rivestire la Stragula, una torre di legno alta circa una decina di metri, collocata sopra un grande carro e decorata da forme di grandi pani chiamate Cudduri, legati fra loro per mezzo di cordicelle.

La  Stragula, trainata da due buoi, rappresenta, secondo la tradizione popolare, l’abbondanza e la gloria del santo patriarca mediante alcuni elementi carichi di valore simbolico, quali il pane e i rami di alloro

Campobello di Mazara (Trapani)

Il rito dell’Altare si articola in quattro fasi: la questua, l’allestimento dell’altare, il banchetto, il cenone. Per la questua la padrona di casa deve chiedere agli abitanti del rione – ripetendo “ci dati nenti a Sangiusippuzzu” – offerte destinate al banchetto e al cenone.

L’altare viene allestito in un vano della casa che si affaccia sulla strada. L’ingresso è sormontato da rami di palme collocati anche agli angoli della strada per segnalare ai visitatori la presenza dell’Altare.

Le pareti della stanza sono adornate con coperte sontuose, il soffitto è coperto con veli da sposa e oggetti doro.

L’Altare è coperto con tovaglie di lino ricamate. Il giorno della festa la Sacra Famiglia preceduta dal suono di un tamburo suonato dal “tammurinaru” è accompagnata in Chiesa per la Messa.

Al termine i santi percorrono le vie del paese per tornare a casa. Qui Giuseppe bussa alla porta per due volte chiedendo ospitalità che viene rifiutata. Solo la terza volta la porta si apre, dopo che il “tammurinaru” annuncia che si tratta della Sacra famiglia che viene accolta gridando: “Viva Gesù, Giuseppe e Maria”.

Gibellina  (Trapani)

La mattina del 19 la congregazione si reca a casa di San Giuseppe dove si trovava anche Gesù.

Il corteo prosegue verso casa della Madonna e si muove per assistere alla Messa. Segue il pranzo. Nel pomeriggio, i tre personaggi si recano in chiesa per partecipare alla processione.

La piazza antistante la Chiesa del centro é gremita, i congregati di San Giuseppe distribuiscono le candele e predispongono la processione.

Chi ha fatto voto di un’offerta fa segno alla processione di fermarsi e consegna la somma alla congregazione che l’appunta al vestito del santo.

Vita (Trapani)

Ospiti d’onore e protagonisti di l’artaru sono i “virgineddi” o “santi” che rappresentano la Sacra Famiglia.

A volte sono cinque con l’aggiunta di S. Anna e S. Gioacchino.

I “santi” vengono scelti fra le persone più bisognose del paese. Per loro è preparata la cena composta da tante pietanze tipiche del posto come la pasta con finocchietti, salsa di pomodoro e pan grattato tostato, e, fra i dolci, “li cassateddì’, “i cannoli” e la “pignulata”.

Monreale (Palermo)

La festa di San Giuseppe è molto sentita data la presenza, nel paese, della congregazione dei falegnami.

Tra le tradizioni più ricche di significato spicca quella del “Sacro Manto” e l’”Altarino di San Giuseppe”. La prima prevede che “Al fine di ricordare i 30 anni di vita che San Giuseppe trascorse assieme a Gesù è bene recitare le preghiere del Sacro Manto per 30 giorni consecutivi”.

L’”Altarino di San Giuseppe”, invece, è l’altare costruito in casa di chi ha chiesto o ottenuto grazia dal santo.

L’ornamento principale è il pane “stretto e secco”, decorato come un ricamo. Distaccata dall’altare c’è la mensa adorna di pani, arance, finocchi, pignolata, acqua, vino e candele accese.

Il pranzo comincia con spicchi d’arancia, poi si passa al primo: pasta al sugo “‘ca muddica”; mollica di pane grattugiato, abbrustolita e mischiata a formaggio piccante, pepe e zucchero.

Numerosi canti echeggiano nella casa mentre i “santi” mangiano. Il più antico è formato da 23 strofe in siciliano.

Gangi (Palermo)

I festeggiamenti cominciano settimane prima con celebrazioni religiose, “i sittini”, e popolari.

La festa è preceduta dalla processione del Bambino Gesù,”U Bomminiddu”.

Essa viene celebrata in due Chiese: San Giuseppe dei “Ricchi” e San Giuseppe dei “Poveri”, dove viene distribuito ai fedeli “u pani di San Giuseppi” (pani benedetti).

Già all’inizio del mese alcune famiglie usano “fari a San Giuseppi”, cioè organizzare un pranzo (un tempo dedicato ai poveri ) a base di pasta e lenticchie, baccalà fritto, finocchi bolliti, arancia, acqua e vino.

Salemi (Trapani)

E’ tradizione nel mese di marzo fare una promessa di voto al santo o ringraziarlo per la grazia ricevuta.

I preparativi durano 8 giorni e durante questo periodo viene allestito l’altare in casa e si provvede ad invitare un certo numero di bambini, in base al voto fatto, di solito in numero di tre i quanto devono rappresentare la Sacra Famiglia: Maria ,Giuseppe e il Bambin Gesù.

Un paio di giorni prima di ogni mercoledì  del mese o il 19 marzo, il devoto che ha fatto promessa di voto gira per il paese per chiedere delle offerte , che di solito consistono in farina,olio,uova, o anche in danaro.

Questo atto penitenziale è la Questua, rituale comune non solo alla festa di san Giuseppe ma anche ad altri santi patroni che si celebrano in Sicilia.

L’ altare viene decorato con molti rami di mirto e di alloro , mentre la preparazione del pane impegna per diversi giorni e non solo le donne di casa ma anche quelle del vicinato.

L’ impasto della farina segue un rituale ben preciso: I pani devono essere di peso e dimensione diversi e le forme rappresentano fiori, frutta e animali, mentre la loro collocazione sull’altare spetta per tradizione al capofamiglia.

Il segno dell’abbondanza nell’ altare è rappresentato dagli ortaggi , sopratutto dal finocchio, e dalla frutta collocata in grandi cesti.

Al centro vengono invece disposti i Cucciddati, grandi forme di pani votivi. La  forma  di  pane  dedicata  al  santo  ne  riproduce il bastone,    u vastuni decorato con un giglio simbolo di purezza; Il pane dedicato a Maria è decorato con una rosa che rappresenta la verginità e guarnito di datteri (che secondo la tradizione la Vergine mangiò durante la fuga in Egitto.), e da un ramo di palma simbolo di pace; questo pane è destinato alla fanciulla che impersona la Madonna, mentre il pane dedicato a Gesù viene decorato con gelsomini, con uccelli e con i simboli della sua passione.

I pani una volta benedetti dal parroco, saranno regalati a parenti e amici.

Questi pani votivi assumono nella maggior parte delle feste religiose un profondo significato sacrale , a cui la festa di San Giuseppe allude esplicitamente poichè è legata all’arcaico simbolismo agrario del rinnovamento della natura, che avviene proprio nel mese di marzo.

Pietraperzia (Enna)

E’ consuetudine festeggiare il Santo con un grande banchetto pubblico.

Le pietanze sono offerte dagli abitanti del paese, mentre per rappresentare la Sacra Famiglia vengono scelte tre persone povere che sono invitate a sedersi alla tavola per consumare pubblicamente  il pranzo votivo.

Dal 1922 si rappresenta uno spettacolo che rievoca la fuga in Egitto della Sacra Famiglia. Alcuni personaggi in costume d’epoca che interpretano gli ufficiali di Erode, di dirigono a cavallo verso la chiesa del Carmine, dove rimarranno in attesa.

I falegnami del paese , organizzatori dei festeggiamenti, si recano prima a casa del ragazzo che è stato scelto per  impersonare l’angelo e poi dai ragazzi che impersonano Maria e Gesù e quindi tutti insieme si dirigono in corteo verso la chiesa di Santa Maria dove li attende il ragazzo che impersona San Giuseppe.

Verso mezzogiorno inizia la messa con la partecipazione dei fedeli, e dopo la funzione religiosa , parte la processione preceduta dall’angelo e dal bambino che impersona Gesù tenuto per mano da San Giuseppe e Maria, quest’ultima seduta sull’asino.

Giunto davanti alla chiesa Madre, il corteo viene avvicinato da tre soldati di Erode che annunciano a san Giuseppe che hanno avuto l’ordine di uccidere Gesù.

Lo spettacolo si conclude allorchè i soldati si rifiutano di compiere la loro missione e tornano indietro.A questo punto i tre personaggi che rappresentano la Sacra Famiglia salgono sul palco per consumare pubblicamente le pietanze che sono state preparate per loro.

Scicli (Ragusa)

Si organizza la Cavalcata di San Giuseppe con fiaccolata lungo le strade e premiazione della migliore bardatura fiorata.

Enna

Il 18 marzo cade la tradizionale giornata delle “Verginelle di San Giuseppe”.

Vengono invitate da una famiglia benestante 19 ragazze, o giovani nubili, che appartengono a famiglie povere ma di sani principi.

Le fanciulle trascorrono la giornata tra canti religiosi, preghiere, messe nella Chiesa di San Giuseppe e pranzo in comune.

Rosolini  (Siracusa)

La devozione per San Giuseppe si manifesta con la tradizionale cavalcata, alla quale assiste e partecipa tutto il paese.

Le strade vengono transennate per lasciare passare i cavalieri, che montano cavalli sfarzosamente bardati, mentre nel pomeriggio , dopo la funzione religiosa, il simulacro del santo viene portato in processione per le vie del paese sotto una pioggia di volantini su cui è scritto “Viva San Giuseppe” .

Alimena (Palermo)

La mattina del 19 marzo si svolge il banchetto promesso al patrono.

Un tempo venivano invitati a sedersi alla tavola imbandita tredici ragazzi orfani e poveri , i Virgineddi.

Favara (Agrigento)

La devozione al Santo costituisce una testimonianza concreta di fede e fervore religioso.

In questo paese ogni mercoledì i fedeli si recano in pellegrinaggio alla chiesa del Rosario, dov’e’ situata la statua del santo che regge per mano il Bambin Gesù.

Un tempo la festa si svolgeva il 19 marzo,invece oggi è stata spostata alla prima domenica di settembre. I festeggiamenti in onore del santo cominciano di venerdì con l’ingresso in paese di tre bande musicali di cui una locale e altre due provenienti da altri centri.

I devoti, prima di portare in giro una piccola statua raffigurante il santo, usano recitare per una settimana consecutiva la novena.

La precessione viene accompagnata dai fedeli che tengono in mano delle torce, le caratteristiche Fanare , preparate con una pianta graminacea chiamata disa.

Nella piazza del paese viene allestito  un palco sul quale verrà offerto il pranzo alla Sacra Famiglia.

La domenica Mattina , vicino all’ingresso della chiesa, gli organizzatori della festa  raccolgono li prumisi, cioè le promesse dei fedeli .

I muli e i cavalli , per l’occasione, vengono bardati sfarzosamente  con ricchi finimenti e vengono caricati delle offerte di grano ; quindi  vengono condotti dai contadini, i quali reggono un grosso ramo di abete.

Questo bastone reca incisi dei grandi tagli, delle vere e propie tacche nelle quali sono infilate le offerte in denaro, promesse per sciogliere un voto o come doni devozionali.

La festa si conclude con la processione della statua, che inizia la domenica dell’Avemaria in un frastuono di spari di mortaretti accompagnati da imponenti spettacoli pirotecnici.

Marettimo: (Isole Egadi)

Per festeggiare San Giuseppe è tradizione fare la Duminaria, che consiste nell’accendere un falò o Vampi di San Giuseppe, l’uno vicino all’altro in onore di Gesù, Giuseppe e Maria.

Ciò accade alla vigilia del 19 marzo, secondo una tradizione popolare per il quale in santo rappresenta tutti i poveri che soffrono il freddo e la fame.

Il pranzo tradizionale viene preparato la mattina del 19 e la Sacra Famiglia è impersonata ,secondo l’usanza , da tre persone scelte fra le più povere del paese.

Al pranzo partecipano tutti gli abitanti dell’isola mentre coloro che non possono parteciparvi, vengono serviti a casa.

Nel pomeriggio i devoti del santo di dividono in due gruppi , di cui uno si dirige in chiesa e l’altro si ferma all’esterno.

Una volta chiuso il portale il gruppo di fedeli rimasto fuori dalla chiesa comincia a bussare mentre dall’interno chiedono: “Chi cercate?”. Dopo tre volte il portone viene aperto e la statua di San Giuseppe compare sulla soglia.

Inizia così una pantomima in cui il gruppo dei fedeli che si trova all’interno della chiesa cerca di trattenere la statua del santo, mentre l’altro gruppo tenta di portarla fuori.I festeggiamenti si concluderanno con la processione.

Caccamo (Palermo)

Il 19 marzo si festeggia San Giuseppe con  a rètina, una sfilata di muli bardati a festa che, accompagnati dalla banda musicale, fanno il giro del paese per raccogliere offerte.

Dopo la solenne funzione liturgica nella chiesa della Santissima Annunziata, il simulacro del santo viene portato in processione lungo la scalinata illuminata da ceri.

Santa Croce Camarina (Ragusa)

Il culto di San Giuseppe risale a quando venne rivenuta su una spiaggia vicina , chiamata Punta Braccetto, una statua del santo.

A seguito di una serie di miracoli la statua venne collocata in una chiesa.

La tradizione locale festeggia il santo con una cena così descritta : “Non vi è famiglia si S. Croce che per devozione non imbandisca una mensa per ricevere , in onore di San Giuseppe , della Madonna e di Gesù,  tre poveri , che sceglie fra le persone più bisognose del paese.

“Il 19 marzo , i tre santi invitati alla cena e accompagnati da chi ha preparato il pranzo votivo, vanno in chiesa per ricevere la benedizione.

Quindi si recano alla casa dov’e’ stata preparata la tavola imbandita per consumare la cena; la tradizione vuole che i tre santi debbano bussare tre volte prima di entrare

Acate (Ragusa)

Nella tradizione popolare, chi ha ottenuto una grazia o spera nella intercessione del Santo, usa preparare il “Pranzo Sacro” che viene offerto alla Sacra Famiglia, impersonata, secondo l’usanza, da tre persone scelte tra le famiglie bisognose del paese.

San Giuseppe, infatti, oltre ad essere il protettore degli orfani e delle ragazze nubili, protegge soprattutto i poveri.   Il “Pranzo Sacro”, o banchetto, viene chiamato dialettalmente  “avutaru”“patriarca”.

Anticamente la preparazione dell’altare avveniva fuori dalle case, nei cortili o nella piazza del paese; oggi, invece, viene allestito dentro casa.

La struttura in legno, è composta come base da un grande tavolo, dove pranzeranno gli invitati, “i Santi”, e sopra, innalzati a gradini, delle tavole.

L’altare viene ricoperto da lenzuola bianche ricamate e al centro viene posto un grande quadro che raffigura la Sacra Famiglia (“a Madonna, u Bamminu e u Patriarca”).
Il cibo diventa quindi l’elemento principale nei festeggiamenti dedicati al Santo; la sua preparazione richiede anche diverse settimane prima della festa, soprattutto per i dolci tradizionali: “turruni, giurgiulena, pastifuorti, cicirata, pagnuccata, mastazzola, mustata e varie marmellate”.

Il cibo più importante e simbolico è “il pane”, che segue un rituale ben preciso, fino alla sua posa sull’altare, che spetta per tradizione al capofamiglia.

Le forme di pane votive riproducono:

– il bastone, “u vastuni do Patriarca”, decorato con un giglio simbolo di purezza;

– il pane di Maria, “a Madonna”, con una rosa che rappresenta la verginità e un ramo di palma simbolo di pace;

– il pane di Gesù, “u Bamminieddu”, con gelsomini, uccelli e simboli della sua Passione;

– i cucciddati,  grandi forme di pani rotondi che vengono disposti al centro in alto. Questi pani assumono un profondo significato sacrale, a cui la festa di San Giuseppe allude esplicitamente poichè è legata all’arcaico simbolismo agrario del rinnovamento della natura, che avviene proprio nel mese di marzo.

Oltre ai dolci e al pane, sui vari gradini vengono sistemati in parti uguali: sacchi di farina, pacchi di pasta, frutta fresca, ortaggi, frutta secca e ogni ben di Dio.

La mattina del 19 si preparano tutte le pietanze che verranno consumate ancora calde, come ad esempio tutti i tipi di frittate, “i piscirova” e  le polpette; i primi piatti, “i baddotti” (palline di riso in brodo) e  “i cassateddi” (panzerottini di ricotta).

A mezzogiorno in punto, “i Santi”devono sedersi per il pranzo; vengono servite le varie portate ed è molto importante che venga fatto almeno un assaggio di ogni cosa. Al termine, tutto quello che era stato sistemato sull’altare e tutto il cibo rimasto, viene donato in parti uguali ai tre commensali.

Nel primo pomeriggio, alcuni organizzatori della festa, girano per le vie di Acate e raccolgono doni offerti dai fedeli.

Tutto il raccolto viene poi messo all’asta in Piazza Libertà , dove per l’occasione viene allestito un palco dal quale il banditore effettua la vendita.

Il ricavato viene devoluto alla parrocchia per contribuire alle spese della festa.

La sera in Chiesa si celebra la Santa Messa in onore del Santo; i fedeli poi seguiranno il simulacro per le vie di Acate e al rientro, i classici fuochi d’artificio “i mascuna o mascattaria”, concluderanno i  festeggiamenti.

Palazzo Adriano (Catania)

Il 19 marzo le famiglie che hanno ricevuto la grazia imbandiscono tavolate con diverse pietanze (cardi e broccoli in pastella, “barbabecchi” asparagi e finocchi di montagna) e dolci (pignolata, sfingi).

I commensali principali sono tre e rappresentano la Sacra Famiglia, ai quali il padrone di casa serve le vivande della tavola

Mazzarrone (Catania)

San Giuseppe, ecco ‘la cena’ e la fiera “Tradizione in piazza”, In programma antiche usanze, tramandate di padre in figlio, come la Cena di San Giuseppe, che viene preparata da una delle famiglie del paese come voto per grazia ricevuta.

A banchettare sono tre persone scelte tra i poveri del centro e che rappresentano la Sacra Famiglia.

Dopo aver partecipato alla Santa Messa, i tre personaggi pranzano con le specialità preparate per l’occasione. Quel che resta viene donato ai tre, che lo offrono alle rispettive famiglie.
La festa si chiude in serata, dopo la messa, sul sagrato della chiesa di San Giuseppe dove si tiene una fiera nel corso della quale vengono venduti all’asta i doni offerti dai fedeli, per lo più prodotti agricoli, pani confezionati in casa e formaggi.

Mirabella Imbaccari (Catania)

Altari, pranzi e rappresentazioni Omaggio a San Giuseppe: Tradizione vuole che nelle case dei cittadini vengano allestiti gli altari imbanditi con vivande di goni genere, dai tradizionali pani ai formaggi, agli sformati.

Accanto agli altari si trovano una bambina, un uomo e un bambino che rappresentano la Sacra Famiglia. Prima di dare il via al grande pranzo si recita una preghiera in dialetto.

Quindi si mangianno i cibi della tradizione, in particolare i pani: ‘u pagnuccu’, di grosse dimensioni raffigura San Giuseppe; la ‘cuddura’, rotondo, riproduce la Madonna e, il ‘gaddu’, a forma di gallo.

Campofelice di Fitalia (Palermo)

San Giuseppe è il patrono di diversi centri della provincia palermitana, fra questi figura anche Campofelice di Fitalia.

Il Patriarca, awocato delle cause impossibili, protettore dei poveri, di chi soffre la fame e il freddo viene festeggiato il 19 marzo e il 23 agosto.

In passato le persone benestanti allestivano nelle loro case mense ricche di pietanze, le“Tavulate”, che venivano consumate dai poveri del luogo, invitati per l’occasione.

Tuttora in paese la tradizione del banchetto per la festa di San Giuseppe è molto sentita. Anche se vanno diminuendo le case dove i devoti vanno a recitare per un giorno il ruolo della Sacra Famiglia:San Giuseppe, Maria e Gesù. Continua a conservarsi anche l’antica devozione della preparazione della “pasta di San Giuseppe”: i bucatini conditi con le lenticchie.

Alimento votivo che assume in questa festa un significato sacrale a cui la ricorrenza allude essendo legata al simbolismo del rinnovamento della natura. Inoltre, la preparazione del pasto a base di lenticchie, come in tutte le feste di origine agricola, ha anche un valore propiziatorio teso ad assicurare dei buoni raccolti e prosperità.

Ad agosto, i momenti culminanti della festa patronale sono costituiti invece da due processioni: quella mattutina degli ex-voto, condotti a piedi scalzi o in groppa di cavalli bardati a festa, e quella serale, quando i devoti seguono in preghiera la “vara” del Santo per le vie del paese.

e dulcis in fundo…una bella sfincia di san Giuseppe

 


Testi tratti dai siti web: www.sicilyland.it e www.palermoweb.com

normus/usanze/le_vampe_di_san_giuseppe1.htm